Per celebrare al meglio la Giornata mondiale della biodiversità (istituita dalle Nazioni Unite il 22 maggio 1993, per ricordare l’adozione della Convenzione sulla diversità biologica avvenuta esattamente un anno prima) partiamo dal significato della parola stessa.
Cos’è la biodiversità
Secondo la definizione di alcuni dei più diffusi vocabolari, la variabilità tra gli organismi viventi all’interno di una singola specie, fra specie diverse e tra ecosistemi va a costituire la biodiversità: si tratta di un sistema ricchissimo e delicato da cui dipende anche l’equilibrio dinamico della biosfera e in grado di governare i cicli biogeochimici e a stabilizzare il clima.
Attualmente il numero di specie descritte si aggirano intorno ai 1.75 milioni, mentre il valore di quelle stimate oscilla da 3.63 a più di 111 milioni. Una varietà incredibile di organismi, esseri piccolissimi, piante, animali ed ecosistemi tutti legati l’uno all’altro, tutti indispensabili.
Anche noi facciamo parte della biodiversità e sfruttiamo i servizi che ci offre: grazie alla biodiversità la Natura è in grado di fornirci cibo, acqua, energia e risorse per la nostra vita quotidiana.
Perché festeggiamo la Giornata Mondiale della Biodiversità
Celebrare questa giornata significa dare ascolto all’Onu e al patrimonio naturale della Terra, tanto inesplorato, quanto minacciato e messo alla prova, con i cambiamenti climatici, l’invasione di specie ‘aliene’, la perdita degli habitat a causa della deforestazione e i consumi non sostenibili.
Questo significa nel contempo riconoscere quali conseguenze potrebbe avere sulla vita del Pianeta e dell’uomo la perdita di biodiversità.
Molto però si sta muovendo, ad esempio, sulla base dei più recenti dati di Coldiretti, a fronte di numerosi vegetali andati perduti negli ultimi 100 anni, l’Italia è stata in grado di preservare (o addirittura ricominciare a coltivare/allevare) alcune specie autoctone.
Ed è soltanto per merito di alcuni allevatori particolarmente sensibili e coesi che 130 razze allevate non si sono estinte, tra cui l’asino romagnolo, la capra Girgentana dalle lunghe corna e la gallina di Polverara, ma anche la pera cocomerina, le giuggiole e il corbezzolo.
Il lavoro di WWF
A livello internazionale, un gruppo scientifico coordinato dal WWF ha identificato le 238 aree del Pianeta in cui è più urgente assicurare la tutela e le ha chiamate Global 200.
Queste aree definite “ecoregioni” si dividono in 142 terrestri, 53 di acqua dolce e 43 marine, e custodiscono il 90% della biodiversità mondiale. È qui che il WWF ha scelto di concentrare i propri sforzi.
In queste aree il WWF è attivo con centinaia di progetti di conservazione per la tutela e lo sviluppo sostenibile di habitat e specie, coinvolgendo le popolazioni locali, i partner e sulla base della miglior conoscenza scientifica disponibile. Biodiversità che può essere difesa e sostenuta da tutti i cittadini, anche nelle nostre città.
Sempre il WWF infatti lancia la proposta di creare piccoli orti o giardini condivisi, in grado di ospitare gli animali selvatici come piccoli uccelli e insetti impollinatori, con piante ricche di bacche, come biancospino, ciliegio, lavanda, caprifoglio che abbelliscono anche gli ambienti.
Con il progetto Urban Nature infatti il WWF vuole sensibilizzare grandi e piccini sulla ricchezza del nostro ecosistema a partire proprio dalle nostre realtà: l’80% delle piante del Pianeta dipende dall’impollinazione dei fiori assicurata da insetti come api e farfalle, mentre ad allontanare le zanzare ci pensano pipistrelli, rondoni, balestrucci e rondini; molte larve parassite sono cibo prediletto dei ricci o di uccelli come upupe, cuculi e cinciallegre. Si tratta di alcuni dei protagonisti del ‘controllo biologico’, assicurato proprio dalla biodiversità attuabile anche nelle città con orti, giardini e parchi.